Film

Widows – Un noir d’autore al femminile che sa essere spietato e doloroso

Aaaaah, ma che ne sanno quelli che non hanno mai visto un film di McQueen. Non il leggendario attore degli anni Cinquanta/Sessanta, bensì l’omonimo e talentuosissimo regista britannico, autore di autentiche gemme come Hunger e Shame. Dopo un periodo di letargo che durava da gli Oscar 2014, torna sul grande schermo con un heist/noir movie tutto al femminile: Widows. Un’opera corale, ispirata a una serie tv degli anni Ottanta e piena zeppa di grandissimi attori e attrici… Poi c’è Liam Neeson, che ve lo dico a fare.

Le donne vendicative di Steve

Criminalità, politica, amore; Widows prende fin da subito forma nella cupa mente di McQueen grazie anche a una sequenza iniziale da applausi: un gruppo di criminali viene fermato dalla polizia nel vano tentativo di fuggire mentre il colpo ormai sta andando a rotoli. L’inseguimento (girato in piano sequenza da dentro il furgone) vede l’alternarsi di scene passionali e quotidiane al rombo di motori. Raffica di spari e… BUM! Il furgone esplode. Non male per uno spettacolo matiné del martedì.

Alla morte dei 4 rapinatori, ben presto le vite delle loro mogli finiranno per intrecciarsi. Non per i motivi che queste si sarebbero mai aspettate.

Sarebbe inutile fermarmi a dirvi quanti mostri sacri e giovani promesse compaiano in questo film: da Viola Davis a Colin Farrell, da Rober Duvall a Elizabeth Debicki (solo amore per te) fino a un disturbante Daniel Kaluuya… Steve McQueen è un maestro d’orchestra in grado di gestire perfettamente i suoi protagonisti. Uomini spietati, calcolatori e violenti, ma anche donne indifese, abbandonate e pronte a tutto: un cachet di personaggi ad un passo dal baratro, perfettamente calato in un inferno mascherato da metropoli.

Sento finalmente odore di strada

Grazie all’attenzione maniacale in ogni dettaglio, la violenza della Chicago di Widows si percepisce in ogni inquadratura: movimenti di macchina magnifici e un montaggio gigantesco mettono in risalto un quartiere allo sbando, vittima di complotti politici e malavitosi. Questo è quello che cerco, cazzo… non una accozzaglia di stereotipi.

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Nel distretto 13 si vive nella menzogna, in un 2008 che tanto quanto oggi non è in grado di tutelare i propri abitanti; come in un ghetto, i residenti afro-americani sono solo uno strumento per i politici bianchi e, tra di loro, non c’è più l’ombra di amore o rispetto. Widows è sicuramente un’opera molto più asciutta e muscolare rispetto a quelle precedenti del regista, che qui perde tutta quella vena iper-retorica vista in 12 anni schiavo e firma il suo prime heist movie. Steve, non sei proprio capace a cannare un film.

A un passo dall’en plein

Pensate un po’, la mano dietro alla sceneggiatura è quella di una scrittrice da serie A: Gillian Flynn, autrice di Gone Girl e il recente Sharp Objects è una narratrice tagliente, in grado di dar vita a personaggi femminili accattivanti e mai piatti. Forse qui non siamo a livelli dei suoi lavori precedenti, ma nella struttura molto classica del racconto, Widows nasconde le sue sorprese e riesce a tenerti incollato allo schermo dall’inizio alla fine.

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Peccato per una prima parte un po’ ridondante e alcune ingenuità che (ovviamente) non voglio dirvi. Il mio must è lo spoiler free.

Diciamo solo che nonostante qualche cliché e alcune battute un po’ telefonate, tutto scorre che è un piacere. La musica di Hans Zimmer poi (sì avete capito bene, proprio lui) rimane sempre troppo ai margini, se non sulla rapina finale dove riesce definitivamente a esplodere.

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McQueen è sinonimo di qualità

Lo stile di McQueen, come detto, è inconfondibile: tutto tremendamente cupo, tutto si prende sul serio e lo fa tremendamente bene. La tecnica regista è sopraffina, pulita e pure nelle scene d’azione si gode di grande Cinema. Fortemente influenzato da opere contemporanee come The Town, Widows è l’ulteriore prova della crescita di un regista politicamente attivo e capace a narrare storie strazianti con una facilità incredibile. Anche se il tizio che russava come un disperato qualche seggiolino più in la di me non credo la pensi allo stesso modo.

Davide Casarotti

Antipatico e logorroico since 1995. Scrivo di Cinema da quando ho scoperto di non saper fare nulla. Da piccolo volevo fare il cuoco, crescendo ho optato per il giornalista; oggi mi limito ad essere pessimista, bere qualche birra con gli amici e andare al Cinema da solo. Giuro, non sono una brutta persona.
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