Film

Zeta: “L’Hip Hop è la mia vita”

L’Hip Hop nasce dalla voglia di rivincita, dalla voglia di non conformarsi con la società, di cambiare sé stessi ed il mondo. Un’arte nobile quanto grezza, che nasce dalla strada, dai “vaffanculo”, dall’emarginazione; è come riuscire a prendere il cuore in mano e sentire cos’ha da dire, con le sue ferite, i suoi tagli, le sue spaccature ed i suoi amori.

Non è controllabile, non è spiegabile, è il ruggito di chi non può più star zitto. Ovviamente, la diffusione di un tipo di musica, e di vita se vogliamo, così rivoluzionario e ribelle va di pari passo con l’insoddisfazione dei giovani, di chi è il nuovo arrivato nel gioco della vita. Per quanto sia anche dettato da ragioni commerciali insomma, il motivo per il quale il rap si sta diffondendo così tanto, talmente tanto che, pian piano, sta perdendo molta della sua anima “underground”, è sicuramente un senso di abbandono e di solitudine dei giovani, che si ritrovano al mondo orfani di speranze e prospettive di un mondo diverso, in cui loro non sono semplici comparse.

Ecco ciò di cui parla Zeta: dei protagonisti di questo “Stupido Gioco del Rap”, come lo definì in un suo pezzo Salmo (che partecipa a questa pellicola con uno splendido cameo), protagonisti di una vita tenuta in piedi da un sogno. Quello del riscatto, non con i soldi o con il potere, come la società vuol farci credere e come alcuni sedicenti rapper vogliono farci credere: un riscatto fatto di dimostrazione del proprio valore, di rottura degli schemi e di una vita “hippie” il cui scopo è quello di raggiungere un’armonia con gli altri, e sopratutto con sé stessi. Zeta racconta questa verità, ma ci riesce in parte, non tanto per le imperfezioni su cui si può sorvolare, bensì perché spesso si perde in stereotipi troppo presenti e personaggi non sempre ben caratterizzati.

Zeta

Dopo un inizio adrenalinico e travolgente, Zeta racconta la storia di un ragazzo di nome Alex, che insieme all’amico Marco coltiva il sogno di un futuro migliore, di un futuro nel quale possano vivere di ciò che sanno fare meglio, la musica. Come il trailer e la campagna pubblicitaria possono far intuire, tutta la pellicola si incentrerà su come questi due ragazzi vivono la musica e si relazionano all’ambiente musicale, motivo principale dei molti cameo da parte di artisti della scena hip hop italiana.

La vita di Alex è stereotipata, non tanto per la poca originalità, ma principalmente perché racchiude le situazioni comuni di quei ragazzi che, ora come vent’anni fa, hanno risposto ai loro problemi con la musica, con il rap. Successivamente però le vicende si completeranno e i personaggi acquisiranno una profondità maggiore, specie con “l’ascesa” al successo di Alex, aka Zeta, interpretato da un rapper emergente della scena italiana, Izy, e con l’approfondimento delle vicende legate a coloro che vivono con lui questo inaspettato quanto repentino successo, dalla famiglia agli amici.

Assieme alla strada verso il successo verranno analizzati e mostrati diversi aspetti della musica e, in particolare, dell’hip hop. Qui probabilmente Zeta compie il suo grande errore, quello di non riuscire a mostrare tutta l’anima del rap, riducendosi a mostrarne il lato più superficiale, talvolta stereotipando troppo i personaggi e le situazioni. Ed è davvero un peccato, perché Zeta aveva tantissimo potenziale, purtroppo però ne spreca una parte. Dal punto di vista della recitazione molti cameo sono veramente ben contestualizzati e recitati, altri meno, stessa cosa dicasi per i personaggi principali: il punto debole è l’interpretazione di Alex. Izy non è un attore, di conseguenza convince con riserva, riuscendo a spiccare positivamente nelle scene in cui la musica la fa da padrona. Irene Vetere, che interpreta la ragazza di Alex, esegue una buona performance, specie per la sua giovane età, mentre Jacopo Olmo Antinoli interpreta molto bene il ruolo di Marco, amico di Alex, con momenti in cui dimostra davvero di sentire suo il personaggio e di saperlo interpretare.

Zeta

Se il lato narrativo mostra il fianco su diversi aspetti, pur essendo nel complesso godibile e da apprezzare per i messaggi che vuole inviare, in Zeta, quando la musica la fa da padrona, la pellicola riesce ad essere sempre più incisiva, pungente, coinvolgente: questo fa ben comprendere il potenziale del genere hip hop quando si tratta di mandare un messaggio. Dal punto di vista registico Cosimo Alemà mette in campo una regia ben superiore alle mie aspettative che punta, ovviamente, a mettere in luce i personaggi. La fotografia, diretta da Edoardo Carlo Bolli, è molto cupa e desaturata e trasmette un senso di inquietudine e crudezza, ma in alcuni frangenti mostra la bellezza del paesaggio e dell’area limitrofa a quella in cui il film è ambientato, cambiando notevolmente tonalità, con colori molto più accesi e caldi.

Zeta è un film che vuole sperimentare e non solo vendere biglietti, cose che ovviamente ha fatto, come in molti ipotizzavano, e ipotesi che temevo. Nel suo sperimentare compie degli errori, definibili “incidenti di percorso” o “shit happens”, come direbbero oltreoceano, ma in sé possiede quella voglia di trasmettere qualcosa raccontando una storia. Storia che inizia bene e finisce splendidamente (chiaramente parlo di come è scritta e girata, non della presenza di una sorta di “happy ending” o meno, lascio libera da spoiler questa recensione), perché, in ambo le parti, la vera protagonista è la musica, e da questo punto di vista Zeta convince appieno.

 

Dedicato a Primo Brown, e magari, se ci fossi stato, avresti fatto il più bel cameo del film, magari…

Samuele Vitti

Nato nell'anno '00, sono la dimostrazione vivente che l'età è una delle tante variabili che compone l'essere umano. Difatti, scrivo male e non capisco nulla di cinema, però provo a fare ambe le cose. Sappiate che son anticonformista di natura, è più forte di me, quindi non stupitevi di trovar pareri differenti dal resto della community di cinefili. Comunque ho scritto anche altrove, ma fatevi i fatti vostri!
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