
Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta, quando l’infanzia è bella davvero
In questi giorni Disney Channel, che per il resto è diventato un ricettacolo di stronz… ehmm, di nugae per adolescenti, sta dando un senso al suo palinsesto trasmettendo il reboot di DuckTales, sul quale non sono ancora riuscita a formulare un giudizio.
Questo fausto evento mi ha portato a percorrere il sentiero dei ricordi d’infanzia, quando la Rai proponeva trasmissioni serie come Disney Club e, soprattutto durante le festività natalizie, insieme ai classici Mamma, ho perso l’aereo e Heidi, si preoccupava di educare al buon gusto le nuove leve mandando in onda Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta (1990).
La trama non sarebbe neppure da raccontare, in un Paese civile dovrebbe essere cultura di base come l’ABC: ma visto che, nonostante l’Inquisizione ci abbia provato a farli fuori tutti, gli eretici sono ancora tra noi, sarò misericordiosa e colmerò le eventuali lacune.
La trama
Zio Paperone, Qui, Quo, Qua e Gaia (spiegatemi la raison d’être di questo personaggio, vi prego) sotto la guida del ladruncolo Dijon, dopo anni di ricerche, trovano il tesoro perduto di Collie Baba: l’immenso bottino risulta consistere in vecchi abiti tra i quali però spunta una mappa, che conduce al vero tesoro, nascosto dentro una piramide cosparsa di trappole.
Uno stregone, Merlock, padrone di Dijon, sta cercando anch’egli il tesoro ma il suo interesse è incentrato su una lampada, che per una fortunata combinazione di eventi, rimane nelle mani di Gaia (unico punto a suo favore), separata dal resto del tesoro che Merlock ruba dopo aver fatto inabissare nuovamente la piramide.
Paperone è ovviamente deluso per il fallimento dell’impresa ma, nel frattempo, spolverando la lampada, il nipotame scopre che essa è abitata da un Genio.
Per proteggerlo dal suo precedente padrone, Merlock, che, oltre a potersi trasformare in qualsiasi animale, possiede un talismano da unire alla lampada per avere infiniti desideri, i ragazzi fanno passare il Genio come un bambino loro amico.
Esibendo un QI da vera oca, Gaia, per uno sconsiderato uso dell’ultimo desiderio, fa scoprire allo zione la presenza del Genio in casa: Paperone, dopo aver ottenuto il tesoro di Collie Baba, lo infila nella lampada e se lo porta al Circolo dei Miliardari, dove si tiene una festa in suo onore.
Raggiunti da Merlock e nascostisi nella lampada per salvarsi le piume, essa viene trovata da Dijon che, divenuto padrone del Genio, esprime il desiderio di impossessarsi di tutti i beni del miliardario: con l’aiuto dei nipotini, Paperone riesce ad introdursi nell’amato deposito e a scacciare Dijon.
Siamo al duello finale tra Merlock e lo zione, in cui lo stregone sfodera tutti i suoi assi più potenti per sconfiggere il rivale, avendo ovviamente la peggio. Il finale è tipicamente disneyano: Paperone, recuperato il deposito e messo in salvo la famiglia, dona la libertà al Genio, che diventa un bambino a tutti gli effetti.
Zio Paperone, come non amarlo…
Spiace per tutto il resto del cucuzzaro (li amiamo tutti, dai nipotini a Jet – eccetto Gaia, che è il MALE -), ma l’anima dei DuckTales, così come quella del film è lui, zio Paperone, qui doppiato dal mitologico Gigi Angelillo.
Come nella serie, rispetto ai fumetti, ne esce raddolcito: sempre burbero e attaccatissimo alla pecunia, ma emerge più agevolmente il suo lato tenero, che si scioglie davanti ai nipoti e a quella cretina di Gaia, elevata al grado di consanguinea.
Non essendo presente Paperino, il vegliardo diventa punto di riferimento e vero protagonista: il film segue il filo conduttore della serie, incentrata sulle avventure alla Indiana Jones dei palmipedi, e si propone come punto più alto dell’epopea, visto che, parole di Paperone, la ricerca del tesoro di Collie Baba lo impegna da 40 anni.
Sempre in gamba, lo zione: uno spirito da ragazzino nel corpo di un anziano, mai stanco di girare il mondo e di scoprirne le meraviglie insieme alle «piume delle sue piume», a cui però non cederà mai lo scettro.
Non crediamo però che ammorbidito significhi rammollito: Merlock, efficace, anche se ci rimane meno impresso dell’antagonista della serie (doppiato, nella versione originale da Christopher Lloyd), Cuordipietra Famedoro, viene combattuto tenacemente, così come Dijon, colpevole di aver messo le zampe sull’amatissimo deposito.
L’unico rimprovero che mi sento di muovere al Paperone cinematografico è che sembra aver perso, o smussato, una sua caratteristica fondamentale: l’avarizia. Pur non amando spendere – il tesoro sarà donato ai musei per ingraziarsi il Fisco – non ha bisogno dei sali quando si tratta di cacciare denaro…
Considerazioni finali e target
Non prendetemi come giudice imparziale, da piccola adoravo questo cartone, per la storia sì ma anche per i disegni, che più stile Disney di così non possono essere: rivedendolo con gli occhi di (ahimè) un’adulta, mi rendo conto di come la trama sia meno matura di quella di altri film del colosso americano.
La furbizia della Disney risiede nello sfruttare al meglio, per quanto riguarda animazione e personaggi, un brand di successo come i DuckTales e trarne una storia avventurosa e divertente, senza eccessive pretese intellettuali.
Destinato a bambini, famiglie e nostalgici. E a quelli che pensano che gli anni ’90 siano stati meravigliosi per quanto concerne cartoni e programmi contenitori.